giovedì 5 giugno 2014

l'Italia va dallo psicologo

- Si accomodi e mi racconti cosa c'è che non va.
- Sono un po' depressa, sto attraversando un brutto periodo. Non vedo delle grandi prospettive davanti a me. Economicamente non va tanto bene. Certo, non sono alla frutta, ma da un po' di tempo guadagno molto meno di prima. E poi sono stanca, mi sembra che tutto sia così difficile. Ci sono un sacco di cose da cambiare nella mia vita ma non riesco a metterle in fila e soprattutto non ho la spinta necessaria per provare veramente a cambiare. Sono prigioniera delle vecchie abitudini e non so dove trovare la forza per cambiare. Mi sento impotente. Avrei bisogno di energie nuove, ma non so dove andarle a cercare. Vedo intorno a me altri soggetti che sono pieni di vita, che si danno da fare anche se sono in condizioni peggiori delle mie e invidio la loro energia, la loro motivazione a migliorare la propria situazione.
- Quindi lei non ha fiducia nel futuro?
- Questo è sicuramente un mio grande problema.
- Le è capitato di avere questo stato d'animo negativo altre volte o è la prima volta?
- Mah, prima di questa crisi, che ormai dura da qualche anno, ho attraversato momenti belli, di crescita, ero piena di energia, da giovane ero addirittura euforica pensando al futuro, poi c'è stata questa crisi che mi ha tarpato le ali.
- Ma lei era convinta che le cose sarebbero andate bene per sempre?
- Sì, forse questo è stato uno sbaglio, forse mi ero convinta che la vita sarebbe stata una crescita continua, una soddisfazione dopo l'altra, non so se mi spiego... forse non ero pronta ad accettare che nella vita ci possa essere anche qualche momento di crisi e, invece di affrontarla rimboccandomi le maniche, mi sono lasciata abbattere dagli eventi negativi.
- Insomma, lei pensava che la vita fosse un'autostrada...
- Forse sì, invece ho scoperto che non è così, che nella vita non ci sono solo luci ma anche molte ombre.
- Lei si lascia condizionare molto da quello che fanno o dicono gli altri?
- Credo di sì. Quando leggo sui giornali o vedo in televisione ciò che accade, il mio senso di impotenza aumenta.
- Ma sui giornali, spesso, le belle notizie non vengono raccontate: tante persone si impegnano, si danno da fare anche per gli altri, ma questo non fa notizia...
- E' vero, credo che una parte della mia depressione dipenda anche da questo.
- Lei qualche volta sta anche da sola? E se sì, come sta?
- Guardi, è veramente difficile avere qualche momento libero e, quando succede, cerco sempre delle distrazioni perchè ho bisogno di qualcosa che mi aiuti a non pensare a niente.
- Così però è difficile entrare in contatto con le sue parti positive e creative.
- E' vero, corro dalla mattina alla sera, faccio un sacco di cose e poi crollo per la stanchezza.
- Quindi non si ascolta? Non cerca di capire cosa vuole veramente? Cos'è che veramente le farebbe piacere, le darebbe energie? Non riesce a ritagliarsi qualche momento piacevole?
- Le ripeto, sono molto condizionata da quello che fanno e dicono gli altri.
- Quindi è per questo che è venuta qui?
- Sì, sono venuta a cercare un posto dove poter dialogare con me stessa, ascoltarmi e cercare di capire cosa voglio veramente dalla vita, cosa mi fa davvero bene, di che cosa ho veramente bisogno.
- Io credo che lei debba accettare che questa crisi esiste e poi cercare di trovare una motivazione, una direzione per un possibile cambiamento positivo. Però deve essere una motivazione forte e vera, altrimenti si lascerà prendere dallo sconforto alle prime difficoltà. Spesso la depressione e il senso di impotenza nascono dalla grande distanza che c'è tra la realtà quotidiana e l'ideale che noi abbiamo in mente. Forse bisognerebbe cominciare a pensare a piccoli ma reali cambiamenti, smettendo di dare per scontate tante vecchie abitudini.
- Sì, credo di avere bisogno di pormi come obiettivo qualche piccolo cambiamento che sia a portata di mano e cercare di realizzarlo. Così potrò prendere un po' di fiducia e il livello della mia autostima crescerà.
- Cosa dice, dottore, ce la potrò fare? Riuscirà ad aiutarmi?
- Sinceramente non lo so, non sono un mago! Però credo che sia necessario attivare tutte le energie positive che sono disponibili, cercare di far collaborare tra loro le diverse parti della sua personalità, ma soprattutto che lei si faccia un'idea chiara e precisa della sua vera identità, di ciò che lei è veramente e di ciò che vuole, guardando senza paura anche i suoi lati negativi, per cercare di superarli. Forse bisogna che lei impari a dare meno importanza alla facciata, a come lei appare agli altri e che cerchi di diventare consapevole delle cose che sono veramente importanti per lei e che poi cerchi di realizzarle. Senza deliri di onnipotenza né sentimenti di impotenza.         

8 commenti:

olgited ha detto...

Post molto interessante dottor Giorgio,mi piace tanto che lo condivido nel mio blog.Grazie

Unknown ha detto...

io credo bisognerebbe essere meno direttivo e prescrittivo, Jung non approverebbe il suo metodo e nemmeno Hillman, cosí poco poetico cord. Angelo

Maria D'Asaro ha detto...

L'Italia sul lettino ... post originale e veritiero. Grazie.

alessandra ha detto...

credo che leggendo un post di questo tipo , che traccia a grandi linee quali potrebbero essere le cause dello smarrimento di se stessi, bisognerebbe tentare un approccio empatico, immedesimarsi nella paziente.
Anch'io seguo Hillman, ma un Dottore in psicologia ha bisogno anche di praticità, può forse dire a questo tipo di paziente: segua il suo Daimon che la sta chiamando? Prima bisogna riconoscerlo, è da qui che si parte, da cosa si pensava fosse la vita a cosa può essere,a cosa ci serva per stare veramente bene.

Paolo Falconi ha detto...

Mi è piaciuto molto questo post ... chiunque leggendolo può trarne dei validi consigli pratici ... oltre ovviamente a cogliere l'allegoria di fondo!
Un saluto

Rossland ha detto...

Se l'Italia fosse un paese, magari capace di intuire che qualcosa non va, il fatto stesso di bussare alla porta per parlarne con qualcuno sarebbe già un passo avanti per una possibile uscita dalla depressione che l'avvolge come un sudario.
Ma c'è invece che appena prima di arrivare qui da te e leggere queste ipotetiche confessioni dell'ipotetica paziente, avevo letto questo pezzo, che nel caso specifico riguarda Firenze, che è Italia ed è solo un piccolo angolo d'Italia. Poi basta andare a vedere cosa succede a Venezia (V. Fondaco dei Tedeschi, Ponte dell'Accademia, Grandi Navi, etc) oppure a Milano (Expo su tutto) o a Roma (da quando un concerto dei Rolling Stones viene circondato dalla polizia che imbraga un intero quartiere già due giorni prima dell'evento per assicurarsi che transitino in zona solo residenti o persone munite di biglietto per il concerto?), per capire che l'Italia non è un paese e certo non è depresso: è proprio spezzato in due. Schizofrenico di una schizofrenia indotta artificialmente: da una parte la volgarità prepotente del denaro, e dei suoi servitori pacchiani; dall'altra tutti gli altri, estromessi dal tessuto stesso delle città, delle strade, delle piazze, occupate da cialtroni con malloppo in tasca convinti che tutto sia comprabile in quanto prodotto, cosa.
Un italiano, qualunque italiano, anche il più misero e ignorante, sa per istinto di vivere (di aver avuto i natali) in uno dei paesi dove l'arte e la bellezza del territorio è sempre stato il vero lusso per tutti.
Oggi ogni italiano si sente respinto ai margini, non più parte del panorama e estromesso dal godimento di ciò che è sempre stato di tutti.
Da una parte la volgarità pacchiana del denaro, spesso rubato allo Stato; dall'altra i servi della gleba sviliti fin dentro l'anima.
Io direi schizofrenia indotta artificialmente.
La vedo dura riuscire a curarla con qualche seduta.
Ciò che la "paziente" Italia non riesce ad accettare di guardare in fondo a se stessa è così traumatico e devastante che l'unica è lasciarla a combattere con la propria inquietudine e la quotidiana depressione.
Almeno si tratta ancora di dimensioni emotive umane.
Oltre queste, in fondo a queste, temo ci sia solo l'inferno di una rabbia celata, repressa e saggiamente anestetizzata per sopravvivere almeno all'orrore della quotidianità arrivando a sera salvando almeno se stessi.
(scusami la lunghezza ma dopo Firenze m?è proprio venuta fuori un po' di quella rabbia impotente...)

giorgio giorgi ha detto...

@rossland: grazie per il commento, molto interessante. Mi hai fatto venire voglia di fare un altro post sull'argomento.

Rossland ha detto...

Perché no? Potrebbe essere interessante il ragionare dell'Italia (che ognuno di noi è) come fosse un corpo, con una mente, dei tessuti, dei centri nervosi e molte zone sensibili.
Più il tempo passa e più sento che non c'é differenza fra il brutalizzare il territorio e il brutalizzare che lo abita, che è anzi la stessa cosa, che innalzare grattacieli copiandoli dallo skyline di Dubai (la quale non avendo storia è costretta a inventarsene una nuova di zecca), è sintomatico di un tentativo di distruggere ogni traccia di storia dalla mente di chi ne ha una.
Tempo fa qualcuno mi raccontava di come sarebbe stato felice di dimenticarsi di ogni cosa successa fino al giorno prima, di non voler avere più memoria.
Un modo per facilitare questo reset, che è sempre personale e collettivo insieme, visto che nessuno "è un'isola", è iniziare ad addobbare i monumenti con foulard d'autore, ad esempio. Come se la storia di un sarto, per quanto eccellente, fosse storicamente paragonabile alla bellezza e alla significanza di un Battistero che solo a guardarlo ti commuovi.
Vedi? Ne parlerei per ora di come ambiente, architettura, natura non sono che lo specchio di chi li guarda ogni giorno. Anche quando non li guarda sa che esistono, e tanto basta alla psiche per sapere di partecipare al mondo.